Stereolitografia (SLA): tutto quello che c’è da sapere
La stereolitografia è considerata la tecnologia all’origine della stampa 3D, con la prima apparecchiatura brevettata nel 1984 da Charles Hull e la prima macchina commerciale sviluppata da 3D Systems nel 1988. Oggi scopriremo maggiori informazioni sul processo di stereolitografia per capire di cosa si tratta.
La stereolitografia, anche nota come SLA (Stereolithography Apparatus), impiega il principio della fotopolimerizzazione per produrre modelli 3D impiegando resina sensibile agli UV. Non va confuso con i file STL, che sono file di stampa 3D. La solidificazione viene provocata dal passaggio di un laser strato dopo strato. Permette di ottenere una delle migliori superfici stampate se paragonata alle tecnologie di stampa 3D esistenti.
Da un punto di vista storico, il primo brevetto è stato depositato nel 1984 da Chuck Hull e commercializzato da 3D Systems nel 1988. Alcuni giorni prima degli americani, un trio di ricercatori francesi composto da Jean-Claude André, Olivier de Witte e Alain le Méhauté, concepì un brevetto simile per conto del gruppo Alcatel.
Le stampanti 3D SLA impiegano un materiale di stampa liquido e una copertura di protezione dagli UV (solitamente arancione, verde, rossa o gialla). La stereolitografia offre un volume di produzione relativamente limitato rispetto ad altre tecnologie di stampa. Tuttavia, alcune macchine come la stampante 3D Mammoth possono produrre parti più grandi di 2 m.
Come funziona la stampa 3D in stereolitografia
Come per le altre tecnologie di stampa 3D è richiesto un file digitale 3D che può essere ottenuto tramite un software CAD (SolidWorks, Sculpt o SelfCAD, ad esempio). Questi file (solitamente file STL), sono inviati a una “affettatrice” (slicer) che taglia il modello in strati sottili da stampare. Le istruzioni sono quindi inviate alla stampante 3D.
Le macchine per stereolitografia contengono un piatto porta resina, una piattaforma mobile (asse Z), un sistema raschiatore (asse X), un laser UV, l’ottica di messa a fuoco e un galvanometro a specchio (assi X e Y).
Il fascio laser cura la resina liquida secondo il modello 3D digitale fornito alla stampante. Dopo che uno strato è stato solidificato, la piattaforma scende di un livello. La sezione successiva viene quindi solidificata. Vi sono tanti cicli di stampa quanti sono gli strati necessari a ottenere il volume completo del pezzo.
Su alcuni modelli di stampante 3D SLA (come quelle Formlabs, ad esempio), la produzione del pezzo viene effettuata a testa in giù. La piattaforma viene immersa nel vassoio di resina, mentre il laser agisce dal basso verso l’alto.
Post-elaborazione
Una volta conclusa la stampa, è necessario un passaggio di pulizia della camera impiegando un solvente (solitamente alcol isopropilico, anche chiamato isopropanolo) per rimuovere l’eccesso di resina non solidificata. A differenza di altre tecnologie come la Selective Laser Sintering (SLS), la modellazione a deposizione fusa (FDM) e la stampa 3D PolyJet, è solitamente richiesto un ulteriore trattamento UV per finalizzare la fotopolimerizzazione e ottimizzare la resistenza del materiale.
Come nel caso della tecnologia a deposizione fusa, la SLA impiega strutture di supporto al momento di stampare forme complesse. Proprio come un’impalcatura, queste consentono di supportare le parti che oscillano. Vengono poi rimosse durante la post-elaborazione.
La tecnologia di stereolitografia offre una finitura superficiale leggermente vitrea, ma è solitamene superiore ai processi FDM o SLS (per strati dello stesso spessore). Non è raro che i diversi strati di stampa siano a malapena visibili. Tuttavia, in SLA sono disponibili pochi colori.
La stampa 3D SLA ha dato vita a numerose tecnologie
In seguito al fallimento dei primi brevetti collegati alla stereolitografia, numerosi protagonisti del settore hanno lavorato per migliorare questa tecnologia. È possibile citare, ad esempio, la tecnologia DLP, che impiega un video proiettore al posto del laser per coprire un’area più ampia, con una maggiore velocità di stampa. La società francese Prodways ha a sua volta sviluppato una tecnica denominata MovingLight, che utilizza un video proiettore per accelerare ulteriormente la produzione delle parti. La società britannica Photocentric impiega invece uno schermo LCD come fonte di luce UV.
Più di recente, il produttore Carbon3D ha svelato il suo processo CLIP (Continuous Liquid Interface Production, produzione continua a interfaccia liquida), che controlla la quantità di ossigeno durante la reazione di fotopolimerizzazione. Questo rende la velocità di stampa da 25 a 100 volte più veloce. Altra iniziativa interessante: ONO ha raccolto 2,3 milioni di dollari per un sistema che impiega la luce di uno smartphone per solidificare la resina.
Tra i produttori leader di stampanti 3D SLA c’è ovviamente 3D Systems, il fondatore della tecnologia stessa, ma anche nuovi soggetti come DWSlab, B9Creator o Formlabs. Con sede a Boston, la startup Formlabs ha lanciato nel 2011 una campagna di crowdfunding su Kickstarter, raccogliendo la notevole somma di 3 milioni di dollari per Form 1, la prima stampante 3D SLA da tavolo. Quest’ultima è stata commercializzata a circa 5.000 $.
Il prezzo delle stampanti 3D a stereolitografia varia da 1.000 € per le versioni low-cost a diverse decine di migliaia di euro per macchine professionali con un ampio volume di produzione.
Applicazioni della stereolitografia
La SLA è soprattutto utilizzata per la prototipazione in tutti gli ambiti del settore per la sua velocità, ma a seconda della qualità della stampante è anche possibile ottenere parti immediatamente funzionali. È inoltre utilizzata per la produzione di stampi o fucine, in particolare per il mondo della gioielleria o della dentistica.
La fusione a cera persa è un esempio di processo di produzione indiretto che utilizza la stereolitografia. Questa tecnica millenaria ora si serve della stampa 3D per produrre repliche accurate del prodotto finale (anche denominato stampo per gioielli) in cera calcinabile. Una volta creata la forma, questa è avvolta in materiale refrattario creando lo stampo. Il metallo fuso viene quindi versato nello stampo per sostituire la cera. Rimosso lo stampo, la parte in metallo può essere utilizzata.
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